Sono sempre di più le persone che, per ragioni legate all’impatto ambientale ma anche per etica, scelgono la dieta vegana. Questo regime alimentare fa davvero bene? Nelle prossime righe di questo articolo, scopriamo assieme la risposta.
Dieta vegana: gli effetti sulle ossa
Per farsi un’idea chiara degli effetti della dieta vegana è utile prendere come riferimento il cosiddetto Studio Epic-Oxford 1993-2001. Questo lavoro scientifico, che ha visto impegnata un’equipe dell’Università di Oxford, ha analizzato per 18 anni fino al 2016 lo stato di salute di 55.000 cittadini del Regno Unito.
Cosa ha scoperto? Che in chi segue la dieta vegana aumenta del 43% circa il rischio di avere a che fare con fratture ossee. Lo studio in questione, i cui dettagli sono stati pubblicati a fine novembre sulle pagine della rivista BMC Medicine, ha per esempio portato alla luce il fatto che il rischio di avere a che fare con una frattura all’anca è fino a 3 volte più alto in coloro i quali escludono la carne ma non il pesce dai propri schemi alimentari.
Lo stesso vale per i vegetariani, ossia le persone che escludono sia la carne, sia il pesce, assumendo però le uova e i latticini. Chi segue una dieta vegana, e di riflesso elimina qualsiasi fonte di proteine animali, ha a che fare con un maggior rischio di fratture alle vertebre e alle gambe. A questo punto, viene da chiedersi come mai le ossa siano più fragili in chi segue la dieta vegana.
Secondo i risultati dello studio Oxford-Epic, alla base di tutto ci sarebbe un valore inferiore dell’IMC (indice di massa corporea). Come evidenziato dagli autori del lavoro scientifico, studi precedenti hanno dimostrato che un basso indice di massa corporea potrebbe essere legato a un maggior rischio di fratture. Lo studio di cui abbiamo parlato ha dimostrato che nei vegani è presente un IMC inferiore e che lo stesso vale per i livelli di proteine e calcio, il che ha ovvie ripercussioni negative sulla salute ossea.
Gli stessi esperti che hanno condotto la ricerca hanno sottolineato che a quest’ultima non mancano dei limiti. Il primo riguarda il fatto che non sono state distinte le fratture frutto di cattiva salute ossea da quelle provocate da incidenti. Inoltre, sono stati prese in considerazione soltanto individui di etnia caucasica. Per questo, si consiglia di indagare ulteriormente estendendo il campione di riferimento in futuri studi.