La situazione legata alla pandemia appare lontana dalla conclusione, e ciò non fa altro che far aumentare il fattore “frustrazione” presso la cittadinanza: nonostante la copertura vaccinale abbia favorito la ripresa dei consumi e della vita “normale”, i mesi invernali e le conseguenti feste, oltre ad un efficacia dei vaccini che si riduce con il passare del tempo, rendendo necessarie le cosiddette dosi booster, sono fattori che hanno messo in evidenza una cospicua impennata nei contagi.
Variante Omicron
La nuova ondata ha messo in evidenza un’alta capacità di contagio di una variante in particolare, definita Omicron, che da alcune settimane è al centro approfondito di diversi studi che hanno da subito mostrato un’alta capacità di diffusione, maggiore rispetto alle varianti già studiate e conosciute.
In un clima di tensione diffusa, l’Italia come le altre nazioni europee ha deciso di ufficializzare misure più stringenti anche per velocizzare la terza dose di vaccino che secondo gli scienziati non è un semplice “aggiornamento” nella protezione ma fornisce anche un vero e proprio potenziamento, aumentando di molto la quantità di anticorpi che possono contastrare Omicron.
Ecco quasti incredibili sintomi: “Fai attenzione!”
Il fattore contagiosità di questa variante è dovuta principalmente ad una maggiore resistenza nei confronti dei precedenti vaccini, e per questo l’analisi da parte della comunità scientifica, come reso noto anche dall’OMS, è ancora agli inizi e i sintomi rilevati non si basano per ora su dati scientifici ma semplicemente verificando i casi positivi.
Le informazioni raccolte finora mettono in evidenza un periodo di incubazione non superiore ai 3 giorni ma una maggior capacità di diffusione che risulta essere tra le più altre tra tutte le varianti finora utilizzate.
I sintomi principali sono quelli di uno stato influenzale, nella maggior parte dei casi, ossia mal di testa, naso che cola, bruciore di gola, starnuti ed un generale senso di stanchezza, anche se finora Omicron non sta evidenziando una necessità di ospedalizzazione maggiore rispetto al passato, segno di un “adattamento” del virus nei confronti dell’uomo.