Il Thunnus South, è un genere della famiglia Scombridae che raggruppa otto specie diverse di grandi pesci predatori, conosciuti comunemente come tonni. Essi, adattati al nuoto veloce, hanno un corpo ovaloide allungato e idrodinamico, che risulta piuttosto compresso ai fianchi. La pinna dorsale e quella anale sono alte e robuste e posizionate nella seconda metà del corpo. Le pettorali sono potenti, le anali invece sono piccole.
Alcune specie sono a “sangue caldo”, che è una caratteristica rara tra i pesci; il sesso si può riconoscere solamente in seguito all’eviscerazione per la presenza di uova nella femmina o di sperma nel maschio. Questo pesce è spesso destinato all’inscatolamento in lattina data la praticità, la semplicità e la gustosità che lo caratterizzano. Ma andiamo al centro dell’articolo cercando di capire cosa succede.
Negli ultimi giorni ben 8 persone nella provincia di Palermo sono state ricoverate in ospedale (e due delle quali in gravi condizioni) dopo aver mangiato del tonno rosso avariato. Con la stagione calda alle porte si intensificano infatti i casi di intossicazione da sindrome sgombroide legata in particolar modo al consumo di pesci di grossa pezzatura se conservati in malo modo cioè senza rispettare la catena del freddo. Ma vediamo cos’è la sindrome sgombroidale.
Con questo termine si intende una patologia di origine alimentare causata dal consumo di prodotti ittici contaminati da batteri in assenza di alterazioni organolettiche. In sostanza si tratta proprio di un’alterazione che non si riesce a percepire all’assaggio o all’olfatto e per tale ragione è difficile da scoprire per il consumatore. I batteri responsabili di per sé non sono patogeni ma sono in grado di trasformare un amminoacido (chiamato istidina), presente in abbondanza in alcune specie di pesci (quali tonno, sgombro, alice tra i più comuni) in istamina.
Quest’ultima se presente in grandi quantità, è responsabile della patologia. I sintomi di questa patologia si manifestano da pochi minuti a qualche ora dal consumo del pesce e interessano maggiormente la cute (eritema al viso o sensazione di calore), il sistema gastroenterico (diarrea, vomito, dolori addominali) e sono frequenti anche mal di testa, palpitazioni e tremori generali.
La dose per la manifestazione clinica della sindrome sgombroide è influenzata da tantissimi fattori quali sensibilità individuale, peso corporeo, composizione del pasto ( comprese elevate dosi di alcool possono potenziare l’effetto), farmaci, età e altre patologie/allergie. Per evitare questa patologia ci sono alcune regole suggerite dalle autorità sanitarie e rivolte principalmente agli operatori del settore alimentare, ma comunque sia valide anche nella conservazione e nella preparazione casalinga.