Quali sono i sintomi più gravi per un’intossicazione da tonno marcio? Ecco la risposta

L’intossicazione da tonno marcio è data dall’istamina ed è una condizione nota anche come “sindrome sgombroidea”. Negli USA si tratta di una delle più comuni intossicazioni da ingestione di pesce, in Europa e in Italia, invece, i casi riportati sono davvero pochi e soprattutto scarsamente documentati. L’istamina si sviluppa in minima parte da fenomeni di origine tessutale e, maggiormente, dall’azione degli enzimi elaborati dai microrganismi durante i primi processi degradativi, tale attività dipende dal contenuto di istidina libera all’interno della sostanza alimentare e anche dalla temperatura.

Le quote più elevate di istidina sono state riscontrate nel tessuto muscolare di pesci quali i tonni, gli sgombri, le sardine e le aringhe. Le temperature tra i 6°C e 20°C favoriscono la formazione di amina, invece le basse temperature sono in grado di ritardare la sua sintesi batterica in quanto quelle elevate non sono in grado di inattivare quella già formata.

In questo articolo riportiamo tre episodi di intossicazione da istamina, uno dei quali si verifica in seguito al consumo di tonno fresco e gli altri due sono legati all’assunzione del pesce conservato. Primo caso: Qualche anno fa ecco la segnalazione di un caso di sospetta intossicazione da istamina di due persone dello stesso nucleo familiare che la sera precedente si erano recate presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale dopo il consumo di tonno fresco semplicemente cucinato alla griglia.

Si è evidenziata l’insorgenza di una sintomatologia similallergica durante il consumo del tonno tale da farne cessare l’ingestione e veniva segnalato anche un sapore per niente gradevole dell’alimento. La diagnosi formulata dai medici era dunque quella di un’allergia alimentare. Successivamente però è stato consegnato al Servizio Veterinario Area B un trancio di tonno cotto appartenente alla stesso lotto di quello consumato dai due signori e in cui il livello di istamina ritrovato era di 3.485 mg/kg.

Altre ricerche effettuate hanno dimostrato la provenienza olandese del tonno, confezionato in filetti. Risultava impossibile però risalire alla specie, alla zona FAO di pesca e ad un eventuale trattamento con aromatizzanti o ossido di carbonio in quanto l’etichetta non era più disponibile. Quest’ultima possibilità è da ritenersi molto preoccupante in quanto il colore del tonno rimane inalterato anche a fronte di profonde alterazioni enzimatiche.

Secondo e terzo caso: Stavolta le vittime sono due studentesse universitarie che hanno consumato dell’insalata di tonno presso un bar della città di Grosseto. Dopo circa 15 minuti, entrambe hanno iniziato ad accusare arrossamenti sul volto e su tutto il corpo, sensazione di calore, prurito alle mani e bruciore oculare. Dopo circa 3-5 ore dal consumo, sono apparsi altri sintomi più preoccupanti quali diarrea e vomito; arrivate al Pronto Soccorso, i medici hanno diagnosticato una sospetta intossicazione alimentare.