Se vi interessa l’argomento dei funghi, questo articolo è proprio per voi. Oggi parleremo dell’Amanita phalloides, la capostipite di tutti i funghi velenosi altamente mortali la cui ingestione provoca gravi sindromi d’avvelenamento, con la morte nella stragrande maggioranza dei casi ( 70-80%). L’Amanita phalloides provoca il decesso anche dopo una singola ingestione di metà cappello del fungo. La pericolosità dell’Amanita phalloides consiste anche nella straordinaria capacità di “mimetizzarsi” ed assumere innumerevoli sembianze. A causa del marcato polimorfismo, questo fungo appare simile ad altre specie, analoga persino a quei funghi appartenenti a generi totalmente diversi.
Per tale motivo il rischio di generare confusione con altri funghi si rivela essere, purtroppo, esageratamente elevato. Nel gergo comune, l’Amanita phalloides è conosciuta con tantissimi altri nomi tra cui abbiamo: angelo della morte, ovolo bastardo, Agaricus phalloides, Tignosa verdognola. Il nome della specie (phalloides) è invece costituito da due parole greche: phallòs (cioè fallo) ed eîdos (ovvero forma), appellativo che si addice alla perfezione al fungo, data la caratteristica conformazione fallica del suo gambo. A cosa è dovuta la pericolosa tossicità di questo particolare fungo?
La tossicità di questa tipologia è dovuta a due costituenti chimici: le amantine e le falloidine. Le amantine (ovvero alfa e beta) sono dei peptidi ciclici responsabili del blocco selettivo dell’enzima Rna-polimerasi: la cui dose letale media; mentre le falloidine, sono delle micotossine a struttura ciclo peptidica responsabili di danni epatici e gastrointestinali, provocati dall’inibizione della trascrizione del DNA nelle cellule del fegato. Il trattamento termico non riesce ad uccidere le tossine in quanto si tratta di sostanze termostabili, resistenti anche alla cottura. Come possiamo riconoscere questo fungo?
Per identificare ed accertare di aver raccolto l’Amanita phalloides, esiste un metodo davvero piuttosto semplice: basta intanto schiacciato un frammento di fungo in un foglio di carta da giornale e far cadere alcune goccioline di acido muriatico sull’impronta lasciata, ponendo particolare attenzione a contrassegnare con una matita tutto il contorno prima, però, che l’umidità lasciata dal fungo si possa asciugare. Se dopo aver effettuato questo facile e veloce procedimento, notate la formazione di un alone di colore blu già dopo 5 o 10 minuti, questo è senza ombra di dubbio il segno inequivocabile della presenza dell’amatossina: così facendo, si avrà la totale certezza e conferma che quel fungo è proprio la velenosissima Amanita phalloides da cui stare alla larga a tutti i costi.