Perché ultimamente sentiamo spesso parlare di tonno in scatola? La risposta vi sorprenderà, poiché ultimamente molti consumatori si sono lamentati delle evidenti scarse qualità, in cui si trova una nota marca italiana di tonno in scatola. Purtroppo la vicenda, anche avendo tutti i motivi per scatenare il dissenso, non è stata presa in considerazione, perché i responsabili della nota azienda produttrice, hanno ben pensato di insabbiare tutto e zittire le lamentele proprio per salvaguardare il buon nome dell’azienda.
Soltanto in alcune interviste, si giustificavano (ciò è accaduto in rari casi) dicendo che gli imprevisto di quei giorni sono solo dei piccoli casi isolati. Nonostante ciò noi vogliamo sempre che i nostri lettori, siamo ben informati su tutto, dunque, di conseguenza, vi consiglio di continuare a leggere, perché nelle prossime righe, parleremo di tutte le sostanze nocive e dei batteri coinvolti nella questione e che hanno destato sgomento e disprezzo, verso questa nota marca di tonno preconfezionato.
Il tonno in scatola, chiamato anche tonno sott’olio, è uno dei cibi in scatola più amato e consumato da tutti gli italiani. Tutto ciò è legato sicuramente alla sua praticità e velocità nel preparare un piatto veloce e nutriente, in pochi e semplici passi, inoltre, può essere utilizzato sia come ingrediente principale del piatto, sia come contorno. Ma nonostante ciò non dobbiamo di certo dimenticare che si tratta pur sempre di un alimento confezionato e dunque, ha maggiore probabilità di sviluppare batteri o muffe, rispetto agli alimenti freschi, in questo caso, rispetto al tonno appena pescato.
È inutile dire che questi, chiamiamoli piccoli “imprevisti”, non facciano bene alla nostra salute. Vediamo insieme quali agenti patogeni possono svilupparsi in modo più frequente, quali sintomi ci aiutano a riconoscerli ed infine come possiamo curarci. Uno dei principali batteri che possiamo ritrovare nel tonno, è l’anisakis. Prima di elencare tutti i vari sintomi provocati, cerchiamo di capire insieme di cosa si tratta nello specifico.
Appartiene alla famiglia dell’anisakis, la quale è costituita da particolari vermi parassiti, che in genere sono presenti nell’intestino dei mammiferi marini, come ad esempio i delfini e le foche. L’intossicazione da anisakis, si manifesta appena poche ore dopo l’ingerimento del batterio, e si manifesta principalmente, sotto forma di nausea, forte dolore addominale, malessere generale (nei casi lievi) e vomito. Nei casi più gravi, possiamo riscontrare febbre, diarrea e ulcerazioni. Nel corpo umano l’anisakis rimane solitamente per non più di tre settimane, per poi essere eliminato dalle difese immunitarie.